Storia del Lago
LAGO DI GARDA E MONTE BALDO
Verona risplende, come ricorda l’antico Ritmo Pipiniano, fra l’azzurro occhio del Gardam, il verde della pianura e i dolci profili del Baldo e dei monti della Lessinia.
Il Garda, oasi mediterranea che si prolunga nel cuore delle Alpi Giudicarie fino alle ultime propaggini del Brenta-Adamello, e’ nato dalle ultime glaciazioni. Ha una superficie complessiva di 370 Kmq., un clima temperato mite e una vegetazione singolare che lo accomuna alle terre meridionale. Per questo fin dai tempi piu’ antichi le sponde del lago hanno visto fiorire la civilta’ dal paleolitico al neolitico (soprattutto in localita’ Pai che nel toponimo evidenzia il ricordo delle palafitte), dal bronzo ai primi insediamenti gallici fino a divenire uno dei capisaldi dellla conquista romana. La lunga penisola di Sirmione, cantata da Valerio Catullo, mostra ancor oggi l’imponenza di una vasta villa romana. Altre ville sono state riscoperte insieme con tracciati viari e basi di fortificazioni su tutta la Riviera degli Olivi; cosi’ si chiama infatti la sponda veronese del Garda che, insieme al pregiato olio D.O.C., produce altrettanto vino pregiato quale il Bardolino.Una civilta’ di tradizioni antiche di storia e di arte oggi arricchita da una presenza turistica internazionale che qualifica il Garda fra le stazioni piu’ frequentate e ambite d’Europa. Una ricchezza di tradizioni artistiche che presenta vari gioielli d’arte europea quali la chiesa e gli affreschi di S.Andrea di Sommacampagna (X-XII sec.), il complesso architettonico di un centro come Lazise (mura scaligere, Dogana Veneta, chiesa di San Nicolo’), l’eccezionale basilica di S.Severo di Bardolino (X-XII sec.), unica in Europa per il vasto affresco con Storie della Croce e dell’Apocalisse, e nello stesso centro la Cappella palatina di S.Zeno (IX sec.), o i popolari affreschi della chiesetta di S.Zen de l’Oselet di Castelletto di Brenzone. Una cultura pittorica che unisce saldamente il Garda all’Europa. Ci sono poi i castelli e le torri: da quello famosissimo di Malcesine visitato e disegnato dal primo turista della storia moderna J. W. Goethe (struttura scaligera edificata su piu’ antiche fondamenta romane), al Castello di Torri del Benaco che sorge vicino all’antica torre di Berengario (X sec.), alla rocca di Garda su cui sorgeva il piu’ potente dei castelli: a guardia (questo e’ il significato del nome del lago) di tutta la vasta distesa lacustre, in tempi di grandi invasioni e terribili pestilenze. Oggi poco piu in la’ l’Eremo dei frati Camaldolesi offre ben altri insegnamenti di pace e di serenita’.Agli Scaligeri cui dobbiamo i castelli che abbiamo appena ricordato, nel XV sec. succedette Venezia che pure provvide ad arricchire il Garda di fortezze, quale “il forte arnese” di Peschiera, cittadella militare che sorge sul Mincio emissario del lago; e di ville che si contano a dozzine su tutta la sponda veronese e di pubblici palazzi, quale il Palazzo dei Capitani a Malcesine, la ricordata Dogana a Lazise, o la Loggia sanmicheliana di Garda.Alle spalle della Riviera degli Olivi, il Baldo, con le cime di Naole, Telegrafo, Valdritta, offre ancora gradite sorprese per il visitatore non freddoloso: una flora unica dovuta al fatto che le cime piu’ alte non subirono le ultime glaciazioni, antichissimi tracciati preistorici (a S. Zeno di Montagna, ad es.), e … modernissimi impianti invernali di risalita e discesa (funivia Malcesine – Tratto Spino, Prada – Costabella, Novezzina).
Poco discosto dal nostro itinerario, si trova il sito archeologico più importante del territorio desenzanese.
Si tratta dell’alveo, ormai quasi completamente prosciugato, del laghetto intramorenico del Lavagnone (il cui toponimo di origine celtica indicherebbe proprio la presenza di acque abbondanti).
Qui, alla fine anni Sessanta, fu iniziata una campagna di scavi che portò alla luce molto materiale di uso domestico: piatti, anfore, vasi risalenti al secondo millennio avanti Cristo.
Fu portato alla luce anche l’impianto di una palafitta, ma la scoperta in assoluto più importante fu quella dell’aratro con parte del giogo che rappresenta l’unico esemplare esistente al mondo di tale attrezzo agricolo per l’epoca preistorica e che è fatto risalire appunto all’età del bronzo (2000 a. C. circa).
L’aratro con molti esemplari di ceramiche provenienti dal Lavagnone è esposto al pubblico presso il Civico Museo “Giovanni Rambotti” a Desenzano
La preistoria.
La storia del Garda ha inizio con le prime genti che popolarono l’Italia; sulla sponda di questo lago, infatti, si trovano caverne primitive e cospicui resti di palafitte sia sotto la Rocca di Garda, come a Lazise, a Pacengo e a Peschiera. I tempi preistorici restano ancora avvolti nell’incertezza; tuttavia, pare che i primi abitatori fossero gli Aborigeni, ma sicuramente vi fu l’insediamento degli Umbri che provenivano dall’Europa centrale. Vero il 1000 a.C., si stanziarono sul lago gli Etruschi che poi si divisero in due ceppi: i Rezi e i Toschi che occupavano le zone a nord e ad ovest del lago. Sulla sponda orientale erano invece stanziati i Veneti. Nel 154 dalla fondazione di Roma, gli Etruschi furono sopraffatti dai Galli Cenomani.
Il periodo romano.
Nel 225 a.C. gli eserciti romani passarono il Po, sconfissero i Galli Insubri, soggiogarono il territorio e vi fondarono le loro prime colonie. Di questo periodo non si hanno notizie sicure. Le prime notizie appartengono al 15 a.C., anno in cui Augusto diede mandato ai suoi luogotenenti di sottomettere i Reti trentini che si erano ribellati. In quell’anno i Romani con navi da trasporto attraversarono il lago. Con il nuovo assetto politico-amministrativo, Brescia, la Val Trompia, la Val Sabbia e la Riviera fino ad Arco, furono assegnate alla tribù Fabia; Verona fu assegnata alla tribù Poblilia. Con il dominio di Roma ebbe nuovo impulso anche la vita economica e sociale: i Romani, infatti, costruirono le strade: principali fra tutte la Gallica e la Claudia Augusta. Da queste arterie maggiori si dipartivano altre vie, forse secondarie, ma in ogni modo tali da consentire traffici e trasporti. Importanti furono le vie di comunicazione fluviali sul Po e sul Mincio, e quella lacuale interna. Si ritiene che, nel periodo romano, i punti principali di vita sul Garda siano stati per la sponda orientale Torri e per quella occidentale Toscolano. Cospicuo è il patrimonio della civiltà romana affiorato negli ultimi scavi, presente in lapidi o in monete specialmente nei paesi di Peschiera, Lazise, Garda, Torri e Malcesine. Alla fine del sec. IV le genti del lago, specie per opera di S. Vigilio, Vescovo di Trento, furono convertite al cattolicesimo.
Le invasioni.
Col decadere dell’impero romano, anche il territorio lacuale subì le vicissitudini delle invasioni e delle guerre. Prima Odoacre e poi Teodorico fecero sentire la loro sovranità ed agli Ostrogoti si opposero i Bizantini, guidati da Belisario e poi da Narsete. Nel 568 i Longobardi guidati dal re Alboino s’impossessarono di gran parte del territorio italiano che fu diviso in 36 ducati e, tra questi quello che comprendeva le città e i territori di Verona, Brescia e Trento. Nel 774, con la disfatta di Desiderio, ultimo re dei Longobardi, sottentrò il dominio di Carlo Magno, re dei Franchi, che divise il territorio veronese in distretti giudiziari retti da un giudice o gastaldione. A Verona poneva la sua reggia Pipino, il primogenito dell’imperatore, che visitò il Lago spingendosi sino a Malcesine. Con la nuova suddivisione data da Carlo Magno, Garda fu staccata da Verona e fu eretta a contea. Dopo la morte del glorioso imperatore, venuto meno il potere centrale, tra i Veronesi e gli abitanti del lago sorsero discordie e fu combattuta – pare – anche una dura battaglia (tra l’829 e l’856), nella quale i veronesi, col consiglio del capitano veneziano Maffeo Giustiniani, dopo aver allestito una flotta, ridussero all’obbedienza le genti gardesane.
Il periodo feudale e comunale.
Col cessare della dinastia carolingia l’Italia, ed anche le varie contee, cercarono di riconquistare l’indipendenza ed elessero proprio re Berengario, duca del Friuli che pose la sede in Verona. In questo periodo, avvenne la terribile invasione degli Ungari, onde la necessità di innalzare fortificazioni nuove e di rinforzare le preesistenti. Dopo Berengario la corona d’Italia passò ad Ugo di Provenza e poi al di lui figlio Lotario che, nel 947, sposerà Adelaide di Borgogna. Lotario fu avvelenato dal proprio tutore, Berengario duca d’Ivrea, il quale inoltre imprigionò Adelaide nella rocca di Garda perché aveva rifiutato di sposare Alberto, figlio ed erede di Berengario stesso. Con la discesa di Ottone (953) il regno italico finiva, e la Rocca di Garda veniva smantellata (963). Come l’autorità imperiale a mano a mano si andò indebolendo a causa dell’assenteismo degli imperatori, si sostituì ad essa quella dei feudatari e l’ordinamento del libero comune.
Nel secolo XII le terre della sponda veronese mutarono spesso padrone e nel 1160 erano sotto la giurisdizione del veronese Turrisendo dei Turrisendi che si oppose al Barbarossa. Le libertà – che a poco a poco i comuni del lago si erano conquistate – furono però confermate nella pace di Costanza (1133) e continuarono sino all’estendersi della Signoria Scaligera (1277-1329).
In questo periodo, si costituì sulla sponda occidentale la “Magnifica Patria”, (comunità che comprendeva 33 terre): scopo della comunità – che ebbe per capoluogo prima Maderno e poi Salò – era la difesa della propria autonomia contro i Visconti e gli Scaligeri. Parallelamente, sulla sponda orientale, 18 comuni federati costituirono la “Gardesana”, ma Ezzelino da Romano e gli Scaligeri contrastarono ogni tendenza autonomista. Il dominio scaligero fu comunque benefico e durò sino al 1387, quando i Visconti, alleati con i Gonzaga ed i Carrara, sconfissero i della Scala, e si impossessarono del territorio veronese del lago. La “Gardesana” era retta da un Capitano o Prefetto che risiedeva in Malcesine. Il Capitano durava in carica prima per cinque anni e poi per tre, ed era assistito da un Consiglio, che si riuniva a Torri. Al Capitano spettava il compito d’impedire il contrabbando e di vigilare sulla sicurezza militare e politica.
Il Sommolago seguiva strade diverse: feudo di alcuni grandi monasteri bresciani, appartenne al “comitatus” di Trento e alla Marca di Verona; fu poi affidato al duca di Baviera e a quello di Corinzia. Il 1004 segnò l’inizio del principato vescovile di Trento. Riuscì a conservare la propria indipendenza contro i conti di Tirolo e gli Asburgo fino alla sua annessione all’Austria nel 1803.
Il periodo veneziano.
Il dominio visconteo durò diciassette anni e – dopo la breve parentesi dei Carraresi – nell’anno 1405 ebbe inizio il dominio veneziano, che durò ininterrotto quasi per quattro secoli (1405-1797). Fu il periodo aureo della storia del lago: con la saggezza politica e l’abilità amministrativa di Venezia, lo sviluppo edilizio e la vita economico-sociale ricevettero un forte impulso: molti torrenti furono arginati, molte terre bonificate; fu introdotta la vite, l’olivo e gli alberi da frutta; nuove fonderie e officine per la lavorazione del ferro sorsero a Gardone e a Toscolano; nel veronese fiorì l’industria della lana, a Toscolano quella della carta; nella Riviera si lavorava il refe per farne cordami, tele di lino, la canapa, le pelli. In tutta la zona ebbe inizio la bachicoltura e la produzione di seta.
L’Ottocento.
Il dominio di Venezia venne a cessare quando le terre del lago furono occupate dalle truppe napoleoniche (1796) cui subentrarono le austriache. Dopo il «Trattato di Luneville» (1801) la «Gardesana dell’Acqua» fu incorporata nella Repubblica Cisalpina e poi nella Repubblica Italiana (1802). Alterne vicende seguirono sino al «Trattato di Parigi» (1814) col quale ebbe origine il Regno Lombardo-Veneto sotto il dominio dell’Austria. La provincia di Verona fu ripartita in 12 distretti fra i quali quello di «Caprino» che comprendeva anche i paesi della sponda: pochi anni dopo – per ragioni amministrative – ai preesistenti si aggiunse il distretto di Bardolino che accentrò la vita di tutti i comuni del lago.
Verona e la sponda orientale del Garda sono percorse dal fremito di conquistare l’indipendenza e di ricongiungersi all’Italia: nel 1848 pare che l’ardente speranza diventi realtà, quando Carlo Alberto entra in Peschiera, ma l’entusiasmo dei patrioti e delle popolazioni potrà essere appagato solo nel 1866.
Museum of Verona Province
IDROLOGIC & BORDER
Lago di Garda
Altitudine: 65 m s.l.m.
Superficie: 370 kmq
Sviluppo costiero 165 Km
Lunghezza massima (nel senso nord-sud): 51,6 km
Larghezza massima (nel senso est-ovest): 17,2 km
profondità massima: 346 m
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Temperature
Acqua: Aria:
da Dicembre a Febbraio 6°-10° 5°-15°
da Marzo a Maggio 9°-18° 15°-24°
da Giugno ad Agosto 17°-27° 24°-32°
Settembre 22°-17° 28°-20°
da Ottobre a Novembre 15°-10° 20°-10°
Il territorio e il paesaggio
La grande distesa d’acqua si presenta morfologicamente divisa in due parti: la settentrionale stretta e chiusa tra catene di monti strapiombanti che le imprimono l’aspetto di un selvaggio fiordo, la meridionale aperta in un ampio bacino, meno profondo, in cui spicca la lunga ed esile penisola di Sirmione.
Le isole sono di piccole dimensioni:
Isola di Garda, di fronte a San Felice;
San Biagio, nei pressi della Rocca di Manerba;
Trimellone, vicino a Cassone;
le isole del Sogno e dell’Olivo nei pressi di Malcesine;
gli scogli dell’Altare e della Stella.
La sponda orientale è dominata dalla lunga catena del monte Baldo segnata dalle cime dell’Altissimo (2078 m), delle Pozzette (2128 m), di Valdritta (2218 m), del Telegrafo (2200 m). Il costone calcareo della montagna scende scosceso fino al lago in un susseguirsi unico di pascoli, boschi, rocce, vallette, dossi, promontori, cipressi, campi di olivi e viti, case sparse e paesi. Ad occidente, tra Riva e Gargnano, la costa presenta pareti verticali di rocce: i rilievi si susseguono in disordine dalla cima Parì (1991 m), al Carone (1621 m), al Denervo (1460 m), al Castello, al Pizzocolo (1582 m).
Al lago scendono numerose piccole valli:
la valle del Sìngol a Limone;
la val di Bondo a Tremosine;
la valle del San Michele a Campione;
la val di Sur a Barbarano.
Certamente più importanti sono:
la val di Ledro, che sbocca al Ponale;
la valle del Toscolano, in pratica lo sbocco della Valvestino;
la valle del Sarca, che si trova nella parte più settentrionale ed è percorsa dal fiume omonimo, che coi suoi depositi ha originato la piana di Arco, Riva e Torbole.
Uscito dalla stretta delle montagne, il lago assume a sud di Gargnano un’altra fisionomia: la costa corre diritta e unita, poi si abbassa, interrotta soltanto dalla rocca di Manerba (218 m). E così scende fino a Desenzano e Peschiera per risalire a Lazise e Bardolino e, oltre Garda, chiude il suo arco a punta S. Vigilio. Oltre al Sarca, si gettano nel lago alcuni corsi d’acqua di scarsa importanza. Sono in territorio trentino il Varone, l’Albola e il Ponale; ad occidente, il San Giovanni (Limone), il Campione (San Michele), il Brasa, il Toscolano, il Bornìco, il Barbarano; sulla sponda orientale l’Aril, che si getta nel lago a Cassone e che è noto come il fiume più corto del mondo (150 m). Unico emissario è il Mincio, che esce dal lago a Peschiera.
La formazione del Lago di Garda
Per comprendere la formazione della cripto-depressione gardense e della sua prosecuzione, se pur meno accentuata, verso Nord-Est, fino alla Val d’Adige, all’altezza della confluenza con la Valle del Noce, si deve analizzare l’attività tettonica che si ebbe nell’Era Secondaria.
Nella globalità di quest’area si evolse un insieme di movimenti tettonici a carattere distensivo che determinarono una vasta area di subsidenza nel paleo-mare della Tetide e che abbassò più velocemente il settore occidentale rispetto a quello orientale. Quest’ultimo, denominato: piattaforma veneta e con mare poco profondo, si raccordò tramite una serie degradante di scarpate sottomarine al bacino lombardo costituito da un mare profondo.
Nella prima unità stratigrafica, ossia in quella veneta, la sedimentazione marina diede origine a rocce carbonatiche sia chimiche sia organogene; invece nella seconda: la lombarda, la deposizione dei sedimenti formò rocce calcaree e calcareo marnoso, con inclusioni silicee derivanti dai resti di microorganismi marini di Diatomee e Radiolariti. La presenza nelle rocce baldensi di chimismi intermedi tra le due facies sopraddette testimonia che, in tale quadrante, si ebbe anche un succedersi di paleo-frane lungo la scarpata sottomarina di raccordo fra i due ambienti marini. Questi scivolamenti ebbero un ruolo fondamentale nella formazione di estesi corpi sedimentari, che erano continuamente alimentati a spese di antichi rilievi, emergenti dal mare e sottoposti alle azioni distruttive degli agenti geomorfologici di modellamento.
L’attuale conformazione geologica e tettonica della regione del Garda, e in senso più lato di quella alpina, ebbe inizio verso la fine dell’Era Secondaria a causa del sollevamento e dell’inarcamento dei sedimenti ricoprenti i fondali marini in seguito al riavvicinamento ed allo “scontro” fra le zolle continentali dell’Africa e dell’Eurasia. In particolare la zolla africana si incuneava al di sotto di quella europea (subduzione) Per quello che concerne la regione gardense sono pressocchè noti i fenomeni tettonico-strutturali del passato che contribuirono alla sua formazione; In tale spazio temporale, ossia nella seconda metà dell’Era Terziaria, si evolse il motivo geodinamico fondamentale per la genesi definitiva della regione del Garda, che è correlata alla formazione dell’area compresa fra la Linea Insubrica, che costituisce il confine fra le Alpi propriamente dette, a settentrione, e quelle Meridionali. Fra queste si annoverano le Alpi Ledrensi, la fossa del Garda, la catena del Baldo ed i Monti Lessini. In particolare nel Miocene Medio e nel Pliocene si sviluppò anche il sistema tettonico strutturale della “Linea delle Giudicarie” che si estende in prevalenza in direzione NE-SW e lungo la faglia detta “Linea Ballino-Garda” che pone in contatto tettonico il dominio litologico Lombardo con quello Veneto; questi sono contraddistinti dalla presenza di due facies litologiche che, come già riferito, si formarono in due diversi ambienti marini formatisi nel settore Sud-alpino.
Tale tettonismo è pressocchè contemporaneo al corrugamento Alpino e, secondo le più recenti teorie, tali movimenti si sarebbero prolungati fino al periodo Pliocene Superiore – Quaternario, come attestano gli affioramenti di argilla pliocenica sul Monte San Bartolomeo di Salò. Si può anche riferire che queste strutture tettoniche si sono dimostrate attive in tempi recenti ed attuali. Esse si attuarono dopo la definitiva collocazione del Massiccio dell’Adamello, ossia tra il Miocene Medio ed il Pliocene (da 15 a 1.5 milioni di anni fa), e, fra l’altro, originarono dei movimenti in direzione ONO-ESE che fecero sovrasscorrere la zolla occidentale del Garda su quella orientale, e, secondo le più recenti teorie geodinamiche, sono ritenuti responsabili degli attuali sismi gardesani e degli innalzamenti riscontrati nell’area orientale del lago, soprattutto lungo le pendici meridionali del M.Baldo (area di M.Castello – M.Belpo-Lumini) e nell’area a nord di Caprino Veronese.
Recenti osservazioni, eseguite specialmente dopo il terremoto della valle di Ledro del 1976, fanno presupporre che, infatti, esista una compressione tettonica in senso ONO-ESE, esercitata da un lato dalle Prealpi Bresciane Ledrensi “scollate” dal “basamento” e sospinte verso est, e, dall’altro, dal blocco ben radicato dei Monti Lessini. Da questo tettonismo ne consegue che mentre la catena del Baldo si va sollevando, si approfondisce la conca tettonica del Lago di Garda che dunque è localizzata in una grande depressione di angolo di faglia ancora attiva. Naturalmente la fossa del Garda non fu modellata solamente dal tettonismo, ma intervennero anche degli imponenti fenomeni geomorfologici determinati dalla chiusura della comunicazione fra l’Oceano Atlantico e del Mediterraneo e della successiva regressione delle acque marine.
Questo fenomeno geomorfologico è riconoscibile, oltre che in tutto il bacino sud-europeo, anche in quello gardesano, perché le sedimentazioni prettamente marine furono sostituite da depositi di origine continentale, come i conglomerati ed arenarie che sono rocce derivanti dalla cementazione dei materiali, più o meno grossolani, provenienti dalle erosioni dei rilievi montuosi allora esistenti. Questo abbassamento del livello marino, attuatosi circa 5.5 milioni di anni orsono, provocò infine, a causa della forte evaporazione, il parziale prosciugamento del bacino e la deposizione di estese coltri saline, attualmente sfruttate come miniere di salgemma. Contemporaneamente, man mano che il livello del mare decresceva, i corsi d’acqua che vi si riversavano, compresi quelli alpini ed il fiume Nilo, operarono imponenti erosioni per ricollegarsi al nuovo livello di base scavando dei canyons e il cui fondo si ritrova a grandi profondità rispetto all’attuale livello del Mediterraneo.
Nel successivo periodo: il Pliocene, la pianura Padana e l’area del Garda furono soggette ad una trasgressione marina, a causa della ricostituzione del collegamento tra Oceano Atlantico e Mediterraneo, e il mare invase queste profonde valli depositandovi i sedimenti argillosi che anche attualmente ricoprono il loro alveo roccioso. Come già riferito, fra i pochi elementi cronologici significativi per la ricostruzione dell’evoluzione morfologica della regione del Garda c’è il lembo di Pliocene Medio-Inferiore marino situato sul Monte San Bartolomeo di Salò a quote comprese fra i 400 ed i 600 metri. L’ubicazione in quota di questi depositi argillosi è un’ulteriore verifica alla teoria del tettonismo gardesano che è responsabile del loro sollevamento rispetto ai coevi che sono stati rinvenuti, a seguito di sondaggi petroliferi, ad una profondità di circa 1000 metri in una località distante circa 20 Km più a sud. Con tale studio geomorfologico si è dedotto che il deposito argilloso costituisce un livello di riferimento a cui si possono raccordare le quote dei paleo-sbocchi vallivi nel Mare Plioceni; infatti, circa 3-4 milioni di anni fa, nella regione gardesana le Prealpi Lombarde dovevano essere già emerse dal mare, e le loro propaggini meridionali costituire una linea di costa molto frastagliata, con profonde insenature allo sbocco delle valli principali. La più profonda di queste insenature corrisponde con ogni probabilità all’attuale lago, che occupa una depressione tettonica attiva sin da allora. Ciò è stato avvalorato dagli stendimenti di zonazioni sismiche ed elettriche nella regione benacense e nel Lago di Garda: queste hanno evidenziato che il “bed-rock” è localizzato ad una profondità superiore ai 350 metri a Riva (recenti indagini con una trivellazione spinta fino alla profondità di 350 metri non hanno rinvenuto il substrato roccioso), circa 500 metri sotto il livello del mare poco a sud di Malcesine e diviene sempre più profondo a mano a mano che si procede verso il margine meridionale del Lago, fino a raggiungere i 1259 metri innanzi a Pacengo.
Nei tre o quattro milioni di anni successivi è continuato l’inarcamento, che, come riferisce Sauro, ha localmente comportato un innalzamento assoluto dell’ordine di 600 mt., in quanto strati di rocce marine sono stati sollevati sino a circa 600 mt. sul livello del mare; l’entità media del sollevamento è stata quindi di circa 20 cm. per ogni 1000 anni. Da quanto sinora succintamente riferito si può concludere che in tutta la regione gardense, oltre ai fenomeni geomorfologici in senso stretto, la tettonica ha avuto la parte predominante, infatti, essa non solo ha condizionato per il passato ma sta ancora condizionando, più o meno attivamente, il nostro territorio.
Precisato che il Lago di Garda è situato in una conca tettonica, questa in tempi più recenti fu plasmata dall’esarazione glaciale esplicata da ghiacciai, che avevano un bacino di alimentazione notevolmente diverso e più esteso di quello idrografico attuale. Per ben quattro volte le glaciazioni interessarono la fossa benacense, raggiungendo, in qualche periodo, in corrispondenza della parte settentrionale del lago, delle potenze superiori ai 1000 metri e abbandonando sulle montagne circostanti depositi morenici. Sul Monte Baldo si possono ancora constatare le solcature e le striature dovute all’azione della esarazione glaciale. Tale imponente massa glaciale che periodicamente era sostituita dalle acque provenienti dal loro scioglimento, a causa delle migliori condizioni termo-climatiche, fu dovuta anche all’apporto del sistema fluvio-glaciale atesino. Infatti, il paleo-fiume Adige, all’inizio delle prime avanzate glaciali del Quaternario. raccoglieva le acque dei fiumi Noce e Avisio, a nord di Trento, e si riversava, attraverso la sella di Terlago, nella Valle dei Laghi e del Basso Sarca per sboccare nella fossa tettonica del Garda. È pure verosimile che nella conca di Rovereto l’idrografia locale raccogliesse le acque fino alla zona di Brentonico e alla Valle dei Ronchi e le convogliasse, attraverso la Sella di Loppio, nell’attuale Valle del Sarca, realizzando un’affluenza di sinistra dell’antico corso dell’Adige. Queste ultime ipotesi sono avvalorate non solo dalla chiara disposizione del reticolo idrografico verso la Fossa del Garda e dallo sviluppo imponente della Valle dei Laghi, la cui maturità presuppone la presenza erosiva di un fiume imponente per portata e ormai lontano dalle sue sorgenti, ma anche dalla presenza di sabbie del Sarca e dell’Adige a Goito, Volta Mantovana, Medole, Guidizzolo e Carpenedolo. È difficile stabilire le cause che hanno portato al collegamento della valle dell’Adige con la Valle Lagarina: sembra abbastanza probabile che l’Adige abbia raggiunto il bacino di Rovereto durante la prima glaciazione günziana, riversandosi poi nella Valle del Sarca attraverso la Sella di Loppio.
Alla fine della il seconda glaciazione mindeliana il fiume atesino sia penetrato nel settore meridionale dell’attuale Valle Lagarina (tratto Rovereto-Ceraino) e abbia così potuto dirigersi dapprima verso Garda e, solo più tardi, verso Verona, incidendo la Chiusa di Ceraino. La citata deviazione verso Garda è avvalorata non solo dall’ostacolo rappresentato dallo scoglio roccioso della Chiusa, ma anche dalla presenza a Garda di sabbie atesine ben dilavate che sono sottostanti ai materiali morenici della terza e quarta glaciazione e che inoltre formano il terrazzo interglaciale (Mindel-Riss) di Rubiana, sopra Caprino. In questo periodo lo sbarramento dell’anfiteatro morenico di Rivoli Veronese e del baluardo roccioso della Chiusa, dovrebbe aver permesso anche la formazione di un bacino lacustre, il cui emissario riuscì alla fine ad incidere la Chiusa di Ceraino e in questo fu, forse, facilitato e indirizzato dall’attività dinamica del disturbo tettonico atesino, che nella duplice ansa della Chiusa di Ceraino è particolarmente evidente per la conformazione geologica degli strati che sono fortemente tettonizzati. Globalmente durante il Quaternario le prolungate variazioni climatiche, determinarono nel bacino del Garda l’alternarsi di azioni erosive di tipo fluviale nei periodi caldi, e di escavazione a causa delle masse glaciali in quelli freddi.
Tali fattori portarono ad una modificazione accelerata dei rilievi montani con variazione nei rapporti geomorfologici tra i diversi bacini idrografici. In particolare la valle del Basso Sarca, interessata dalla esarazione dei ghiacciai dei periodi rissiani e würmiani, mutò la sua forma a V e fu plasmata, specialmente nell’ultima epoca glaciale, in una conformazione ad U o a ferro di cavallo rovesciato. Non è possibile in chiave moderna imputare alla reiterata azione glaciale l’escavazione di una fossa di tali dimensioni ed il posizionamento delle principali linee di deflusso degli stessi ghiacciai delle valli dell’Adige e del Sarca-Garda. Quest’ultima è, infatti, una depressione ubicata a – 55 m. sotto il l.m. nei pressi di Riva, nella parte settentrionale del lago, e, al largo di Desenzano, nella parte meridionale, a -50; -60 m, e con minimi assoluti di -285 m. a Castello e Castelletto di Brenzone.
Tali profondità, prescindendo dalla notevole deposizione del materiale morenico abbandonato dallo scioglimento dell’ultimo ghiacciaio e trascurando pure l’esile copertura sedimentaria post-glaciale appurata dalla missione Piccard, non ci possono far definire il Lago di Garda come di origine glaciale. Quindi esso è una fossa tettonica che fu percorsa, a causa della sua morfologia e quota, dalle masse glaciali che la modellarono a forma di truogolo. Per quello che riguarda la morfologia dell’attuale fondo del lago si rileva che lo specchio d’acqua raggiunge la larghezza più elevata nella sua parte meridionale, al massimo circa 17 Km Tale ampiezze si va riducendo rapidamente nella area lacuale compresa fra Punta San Vigilio – Golfo di Salò. A nord di questa tratta, il lago passa da una larghezza che si aggira sui 6-7 Km ad una di circa 3 Km all’estremo settentrionale nei pressi di Riva e Torbole.
Inoltre dalla penisola di Sirmione, che si estende in direzione nord per circa 5 Km, una “catena montuosa” suddivide il fondo in due aree morfologicamente distinte che indirettamente confermano le due regioni litologiche: lombarda e veneta, già menzionate. L’orientale, meno profonda, con un solo punto a profondità massima di 80 metri, ma sempre su quote medie al fondo di 60 m circa, degrada con “dolce” scarpata in quella occidentale ad ovest della congiungente penisola di Sirmione-Punta San Vigilio. Qui le profondità sono maggiori, 90-120 mt. ed oltre all’altezza di Sirmione, ma già nei pressi della Rocca di Manerba si superano i 170 mt. di profondità.
L’approfondimento del fondo prosegue gradualmente in direzione Nord-Est e all’altezza di Torri del Benaco si aggira sui 250 metri; all’altezza di San Zeno di Montagna il fondo raggiunge la profondità dei 300 m. e rapidamente scende ai 350 m. di Castello e Castelletto nella parte mediana del Lago. Proseguendo verso Nord-Est il fondo si mantiene costantemente sotto i 330 m. fin oltre Malcesine, quindi prende a risalire dolcemente portandosi a 300 m. ma all’altezza di Casa della Tempesta e, sulla costa settentrionale fra Riva e Torbole, (allo sbocco del fiume Sarca a 500 m. circa dalla costa) i fondali sono già a 120 m. di profondità.
Da quanto già riferito, risulta che gran parte del lago di Garda è sotto il livello del mare, escluse le scarpate di sponda, le piccole insenature e l’area meridionale ad est della congiungente Sirmione-Punta San Vigilio. Il fondo della fossa tettonica che inizia visibilmente dal golfo di Desenzano verso Nord-Est fino a Riva-Torbole, è costantemente sotto il livello del mare. Tale depressione è compresa fra i minimi di – 15 -30 m poco al largo di Desenzano, ad un massimo di – 285 al Castello e Castelletto e risale fino a – circa 55 m nei pressi di Torbole, ove sbocca il F.Sarca.
Al ritiro dell’ultimo ghiacciaio (15.000-10.000 a.C.), il solco vallivo fu occupato dalle acque di scioglimento e dall’apporto idrico degli attuali affluenti, e alla fine il lago benacense con l’isola dell’attuale del Monte Brione, si estendeva verso Nord-Est fin nei pressi di Arco ed il suo livello doveva essere di poco superiore ai 100 m s.l.m.. Interessante secondo gli ultimi studi geodinamici è l’abbassamento del livello del lago ai valori attuali di 64 m s.l.m.. Esso è stato causato dall’instaurarsi di fenomeni sismici di assestamento, conseguenti all’alleggerimento della superficie di fondovalle per la liquefazione della massa glaciale che esercitava una pressione di circa 1000 ton/mq. e la cui graduale scomparsa innescò dei movimenti di equilibrio isostatico, che produssero un bradisismo positivo con il relativo innalzamento dell’area del Basso Sarca.
A tale fenomeno si contrappose un bradisismo negativo seguito dall’abbassamento nell’area di Valeggio che innescò l’erosione accelerata dell’incline nelle colline moreniche di Peschiera da parte delle acque lacustri che diedero origine all’emissario Mincio. In questo periodo che è detto Olocene, l’eccezionale piovosità, per il clima caldo umido, provocò delle disastrose esondazioni che depositarono estesi e potenti materassi alluvionali nella valle del Garda, nel mentre le variazioni del fiume Sarca, dopo aver colmato la depressione fra Pietramurata e Lasino, incisero nel corpo principale delle Marocche, formatesi subito dopo lo scioglimento definitivo del ghiacciaio, un passaggio lungo circa sette chilometri e largo dai 100 ai 400 metri, e di cui si possono osservare una serie di terrazzamenti, dovuti all’approfondimento graduale del greto, e i paleomeandri.
La classazione granulometrica dei litotipo fa ritenere che le acque fluviali abbiano formato, nell’area fra Pietramurata e Dro, un ulteriore lago temporaneo. Questa tesi è supportata dalle ghiaie e dalle sabbie, nelle anse abbandonate e nelle gradonature, che sono per lo più formate da ciottoli e frammenti calcareo-dolomitici, provenienti dai monti circostanti, e senza tracce di elementi alloctoni (tonaliti, porfidi e scisti) che sono la caratteristica litologica delle alluvioni nel suo corso superiore. Allorquando il bacino lacustre fu colmato dai sedimenti, le acque furono di nuovo in grado di incidere l’attuale alveo ed immettersi nel lago. Col passare di molti altri secoli, il Sarca e gli attuali torrenti, continuarono a depositare nel lago le loro alluvioni ed alla fine la sua area settentrionale, si trasformò in palude e, proseguendo le alluvioni, questa divenne terraferma che, dopo le bonifiche nel corso dei tempi storici, non è altro che l’attuale pianura di fondovalle che si estende fino alla sponda fra gli abitati di Arco, Riva e Torbole.
Lo studio della successione di depositi presenti nell’area settentrionale del Garda è quindi la conseguenza di variazioni successive dell’ambiente di sedimentazione. In particolare il complesso inferiore sabbioso denota una sedimentazione tipicamente fluviale e il passaggio dalle sabbie a limo argilloso è testimone dell’affermarsi dell’ambiente lacustre seguito da un’ulteriore fase fluviale, alla quale corrispondono le ghiaie sabbiose superiori; inoltre le caratteristiche granulometriche dei sedimenti fanno ritenere che la fase fluviale più antica si andasse evolvendo gradualmente verso un ambiente lago e questo perché si ha un progressivo prevalere sulle sabbie fini di un superiore complesso litologico costituito da circa 16 metri di limo argilloso. Invece deve essere stato abbastanza brusco il passaggio dall’ambiente lacustre a quello fluviale attuale, stando al rapido passaggio da limo argilloso a ghiaie sabbiose che si riscontra nella successione stratigrafica; depositi, questi ultimi, decisamente grossolani che testimoniano una capacità di trasporto del fiume di allora superiore a quella dell’attuale.
Globalmente è stato appurato che i depositi alluvionali del Basso Sarca provengono da depositi morenici non molto lontani, rimaneggiati e poi risedimentati più a valle dal corso d’acqua post-glaciale. Comunque i granuli calcarei presenti provengono indubbiamente dal rimaneggiamento delle Marocche, accumuli enormi di materiale calcareo presenti sul fondovalle del Sarca, fra i paesi di Pietramurata e Dro, e generati dagli immani franamenti avvenuti dopo lo scioglimento delle masse glaciali würmiane.
Gli aspetti geomorfologici ed idrologici del bacino che insiste attualmente sul Lago di Garda risultano sottodimensionati rispetto all’entità dei depositi Quaternari che lo contornano. Per fornire una spiegazione bisogna riportarsi all’ultimo periodo glaciale in cui vi era un più vasto bacino collettore che era in grado di convogliare grandi masse glaciali nell’area benacense; la loro analisi può anche spiegare la grande esten¬sione del lago di Garda che doveva essere correlata ad un bacino glaciale che raggiungeva un’estensione ben più vasta (Kmq. 10.500 circa) di quella attuale.
Trattando ancora della formazione dei depositi lacustri, si deve anche riferire che le correnti glaciali, oltre alla considerevole massa di ghiaccio riversavano a valle enormi quantità di materiali litoidi raccolti su tutta l’area del bacino collettore dell’Adige e del Sarca. In particolare con lo scioglimento dell’ultimo ghiacciaio würmiano, la consistente mole di materiale che si trovava dispersa entro la massa glaciale o su di essa, precipitava in basso e ricopriva il morenico di fondo già depositatosi sul fondo del lago che si andava formando.
Quanto di questi materiali morenici si sia depositato sul fondo del lago è difficile dire, si può solamente supporre che essi siano molto variabili e vadano da pochi metri a qualche decina di metri. In senso evolutivo, gli apporti nel lago, sia idrici sia solidi, nell’ultimo postglaciale possono essere inquadrati come segue: in un periodo iniziale si è verificata la stabilizzazione del bacino imbrifero tramite un apporto, anche relativamente vivace, di detrito grossolano nel lago da parte del F.Sarca, T. Toscolano ed altri corsi d’acqua, numerosi ed assai acclivi, anche se molto più piccoli. In seguito l’apporto terrigeno si ridusse ad elementi di dimensioni estremamente fini (limi ed argille) che sono indice di un bacino imbrifero a scarsa energia di trasporto e conseguente scarso deposito, mentre sul fondo si depositavano prevalentemente materiale organico animale o residui vegetali, che tuttavia furono progressivamente demoliti a causa di una vivace attività biochimica e da cui si salvarono le strutture biologiche più resistenti.
I sedimenti che oggi il F.Sarca scarica nel lago sono relativamente limitati ed, in prevalenza, a granulometria sabbioso-argillosa; il loro accumulo maggiore avviene nell’area immediatamente prospiciente la costa, almeno per le frazioni più grossolane. L’odierno bacino idrografico superficiale che alimenta l’area del Garda è di circa Kmq 2.290, invece esso si estende su una superficie di Kmq 368 ed occupa un sesto dell’intera area del bacino che è costituito essenzialmente: – dall’attuale vallata del fiume Sarca, sul lato nord e dall’anfiteatro morenico a Sud; – dalla più ristretta valle del T. Toscolano, sul lato occidentale e da numerose serie di piccole valli che dallo spartiacque che attornia le sponde del lago scendono rapidamente a valle; si tratta dunque di un ristretto bacino imbrifero ma che assicura un sufficiente apporto idrico al Garda. Le precipitazioni medie annue non sono omogenee: nelle aree poste a quote inferiori esse sono comprese fra i 700 e 1000 mm. mentre in quelle di alta montagna superano talora i 3000 mm. Nel bacino attuale sono ancora presenti dei ghiacciai: Adamello, Brenta e Presanella; nel periodo invernale la copertura nevosa è considerevole su gran parte dei rilievi montuosi, non escluso il M.Baldo ad est del lago.
Attualmente il fiume Sarca s’immette nel Garda con un delta completamente incanalato, tuttavia questa manomissione dell’ambiente naturale non ha provocato evidenti trasformazioni morfologiche del lago.
L’intervento umano ha solo avuto il compito di predisporre al corso d’acqua un alveo ben definito, almeno per le piene ordinarie.
La valle del Toscolano, la seconda per grandezza ed entità di trasporto, confluisce nel bacino lacustre con un’ampia conoide che si raccorda alla superficie del lago molto dolcemente e si dilunga nel lago per circa 1 Km. Tale conoide, nella zona sommersa, scende rapidamente estendendosi di poco oltre l’isobata – 50 m. con una morfologia particolarmente avvertibile. Le altre piccole conoidi (Campione, Torbole) che interessano le sponde del lago, nel complesso non sopravanzano mai, in profondità, la scarpata di costa o al massimo la modificano con forme poco apprezzabili. In tutte le osservazioni dirette del fondo del lago hanno rilevato la presenza di un manto di “fango soffice” che ricopre un deposito compatto a matrice argillosa o argillo-sabbioso, contenente ciottoli delle più diverse dimensioni.
Lo scarso spessore di questo sedimento fine, la sua natura e soprattutto la dimensione dei sedimenti sottostanti il fango morenico rideposto in acqua, esclude che la deposizione sia avvenuta in uno specchio d’acqua avente un regime sedimentario uguale o simile a quello del lago attuale.
Infatti, lungo le scarpate subacquee, anche quelle ripide dell’area nord-occidentale, dopo pochi metri dalla superficie attuale del lago, il substrato è costituito da depositi riconducibili a sedimento morenico rideposto in acqua; questo talvolta lascia intravedere qualche masso, più o meno grosso, semisepolto dal “fango soffice” prodotto della deposizione lacustre dopo la scomparsa della glaciazione würmiana e, come si è potuto valutare dai carotaggi o dalle osservazioni dirette, ha uno spessore variabile.